Start Me Up - il podcast sull'innovazione al Sud Italia
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In questa sezione puoi trovare le notizie che arrivano dal blog di Start Me Up. Perché anche se ci piace il suono, qualche volta scriviamo e basta. Ci piace ogni tanto dedicare un approfondimentio su un argomento che abbiamo nominato in uno dei podcast, oppure dare degli aggiornamenti sugli sviluppi di una startup. Ci capita anche di ospitare autori amici che vogliono scrivere da queste pagine. Se ti va, mandaci una mail con l’argomento che vuoi trattare, saremo lieti di accontentarti (se possiamo!).
Se sei un semplice lettore e vuoi segnalarci una storia o un argomento, non esitare. Usa la pagina dei contatti per farci sapere cosa vorresti sentire o leggere su radiostartmeup.it.
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La parola chiave del numero di Camera a Sud di febbraio è rigenerazione educativa e sociale. Quasi inconsapevolmente i quattro progetti che vi segnaliamo ruotano più o meno in quella direzione. Si inizia con l’intervista al Presidente di Fondazione Con il Sud Carlo Borgomeo che, partendo dal meme sul divario Nord-Sud colmato nel 2020 offre spunti interessanti su un tema ormai divenuto un “classico”: le differenze delle due Italie, quella Settentrionale e quella del Meridione. Passiamo poi a un nuovo progetto dei ragazzi di Periferica che stanno mettendo in piedi un’aula destinata a colmare la povertà educativa delle persone che vivono in quella parte di Sicilia. E poi, parliamo di ItaliaCamp, che ha compiuto dieci anni e ha deciso di aprire un nuovo hub di connessione, il primo al Sud Italia. Sorgerà a Lecce e al momento si cercano aziende e partner che abbiano a cuore lo sviluppo del Sud Italia. Infine, restiamo sempre in Puglia perché Bari e il suo centro storico diventano il set per la nuova campagna di comunicazione di un supermercato norvegese. Lo sappiamo, quest’ultima notizia non rientra nella categoria rigenerazione sociale, ma è un risultato ottenuto da una amica e sostenitrice di Start Me Up e non possiamo non dirvelo.
Divario Nord-Sud colmato nel 2020? Il meme come occasione di riflessione.
Ha girato tanto poco prima di capodanno lo screenshot dell’articolo del Corriere della Sera scritto circa cinquant’anni fa dall’economista Pasquale Saraceno. Questo, per intenderci.
L’occasione era più che ghiotta per farci della sana ironia, al punto che sui social molta gente si è scatenata. Ma Fondazione Con il Sud ha intelligentemente colto la palla al balzo e in una intervista rilasciata al Corriere Innovazione, il Presidente Carlo Borgomeo rilancia il tema del Sud Italia e della reale situazione che questo territorio vive. Dopo una breve analisi dei motivi che non hanno permesso alla profezia di avverarsi, si passa al presente e viene affrontata forse l’emergenza vera dei tempi che stiamo vivendo: l’esodo dei ragazzi che vanno via dal Sud Italia. Il Presidente Borgomeo dice una cosa che non si sente spesso nei dibattiti che affrontano la questione:
“i giovani si trasferiscono altrove per carenza di servizi collettivi, e non parlo solo di servizi alla persona, intendo opportunità culturali, di scambio. I cervelli in fuga non si devono trattenere a tutti i costi, si devono rendere attrattivi i territori del Sud. Se mille napoletani vogliono studiare all’estero, devono essere liberi di farlo, ma nel frattempo Napoli deve poter attrarre indiani, tedeschi, giapponesi, polacchi o spagnoli”.
È una verità: i territori del Sud per quanto ricchi di bellezza, sono capaci di attrarre persone dall’Estero solo per brevi periodi di vacanza. Perché non mettere a sistema un offerta che comprenda lavoro, servizi, quello cioè che Borgomeo chiama “opportunità culturali, di scambio” che possa rendere una qualsiasi città del Sud Italia interessante per viverci e non semplicemente visitarla? I progetti ci sono (solo noi ne raccontiamo uno a settimana), il passo da fare è metterli a sistema, così che possano generare quel valore che possa rilanciare dal punto di vista sociale e non solo economico tutto il Sud Italia.
Periferica: un nuovo progetto per contrastare la povertà educativa
Si chiama Aula Periferica il nuovo progetto dei ragazzi che a Mazara del Vallo hanno trasformato in un centro di rigenerazione urbana una vecchia cava dismessa e creato un museo dedicato alle cave.
Aula periferica – si legge sul sito – è il nuovo servizio di supporto allo studio dedicato a studenti di scuole elementari, medie e superiori di Mazara del Vallo. Punto d’incontro tra esperti e studenti del territorio, in Aula Periferica sarà possibile svolgere lezioni private, ricevere supporto continuato per lo svolgimento dei compiti, sviluppare tesine e tesi di maturità, in spazi accoglienti e dotati di ogni dispositivo.
Una esigenza che nasce da un dato sconvolgente. Come riporta Periferica, secondo Save The Children, in provincia di Trapani un bambino su tre si trova in una condizione di povertà educativa. Le cause sono da ricercare nella scarsa qualità di strumenti e strutture dedicate all’apprendimento, la possibilità di accedere ad offerte culturali e la capacità di spesa procapite. Periferica farà la sua parte e al momento è attiva una call per selezionare i tutor che dovranno animare questo luogo.
ItaliaCamp compie 10 anni e guarda al Sud Italia
Da sempre ItaliaCamp ha posto un’attenzione particolare al Sud Italia. In occasione dei suoi 10 anni l’associazione ha lanciato le Officine Mezzogiorno. Sorgeranno a Lecce e replicherà il modello di hub di connessione che l’associazione ha già creato a Milano e Torino. Nei prossimi mesi Lecce sarà quindi interessata da un processo di riqualificazione urbana e sociale utile a dar vita a un nuovo spazio sostenibile e verde (con un giardino di 2.000 metri quadri), sede di percorsi di formazione e di accompagnamento all’imprenditorialità. Il luogo offrirà eventi e iniziative legate al mondo della manifattura digitale e dell’innovazione sociale. Le Officine del Mezzogiorno sono state realizzate grazie alla collaborazione dell’Amministrazione Comunale di Lecce e di The Qube (che i nostri ascoltatori conosco bene).
Al momento è attiva una call: ItaliaCamp è infatti alla ricerca di aziende, istituzioni e cittadini che vogliano contribuire a realizzare insieme a tutti i partner delle Officine del Mezzogiorno un nuovo punto di contatto per l’innovazione del Sud Italia.
La Puglia diventa il set della nuova campagna del supermercato norvegese Rema 1000
Chiudiamo questo numero di Camera a Sud restando in Puglia solo per segnalare che il supermercato norvegese Rema 1000 (quelli di questo magnifico spot), hanno scelto il centro storico di Bari come set per la loro nuova campagna di comunicazione. Il merito della scelta va anche al lavoro che un’amica di Start Me Up, Flavia Giordano, sta portando avanti da tempo. Flavia pugliese di nascita, ormai da qualche anno organizza in Nord Europa eventi enogastronomici legati ovviamente alla sua Regione con il marchio Spaghetti ABC. Dall’incontro tra Flavia e “la norvegese Inger Marie Ommedal, direttrice creativa di Imo-productions, è nata, infatti, l’idea di scegliere la Puglia per realizzare questa nuova campagna con la produzione di quattro pillole video diffuse da marzo sui social e di una pubblicazione di 48 pagine con una ventina di ricette italiane distribuita in 1milione e mezzo di copie in tutti i punti vendita della catena.”. Ad annunciarlo è la stessa pagina Spaghetti ABC, e noi non vediamo l’ora di vedere gli spot!
Ci siamo: giovedì 30 gennaio alle ore 17 si è tenuto il primo appuntamento di “Casi Studio”, il format di Start Me Up che vi permette di conoscere le strategie di successo delle startup del Sud Italia. Una volta al mese avrete la possibilità di incontrare virtualmente un founder di una startup e conoscere le mosse che gli hanno permesso di acquisire nuovi clienti, ottenere nuove conversioni, aumentare i ricavi, in una parola: raggiungere il successo.
Non un podcast, ma una diretta video riservata
“Casi Studio” non è un podcast ma una diretta video riservata ad alcuni membri della community Telegram di Start Me Up. Chi partecipa può non solo ascoltare ma anche intervenire, ponendo domande e riflessioni. E nel caso in cui non potesse essere presente, potrà sentire la registrazione quando vuole: gli basterà accedere alla sezione riservata, dove sono disponibili tutti gli altri contenuti speciali prodotti fino a ora per la community a pagamento di Start Me Up.
Perché partecipare a Casi Studio? Per apprendere le strategie di successo che stanno dietro un progetto di impresa e conoscere da vicino le persone che lo hanno immaginato e implementato
Perché partecipare a Casi Studio? Per apprendere le strategie di successo che stanno dietro un progetto di impresa e conoscere da vicino le persone che lo hanno immaginato e implementato: una vera e propria occasione di formazione e di networking. Il calendario degli ospiti è in via di definizione ma abbiamo già avuto l’ok, tra gli altri, da parte di Spidwit, Ludwig e Pharmap.
Per accedere a “Casi Studio” basta fare una donazione di almeno 15$ attraverso Patreon (è necessario registrarsi alla piattaforma).
Primo appuntamento: Spidwit, il social media facile.
Spidwit è il tool siciliano che permette a chi non è pratico di social media managing di gestire con facilità la propria presenza su questi canali. L’azienda, nata a Catania nel 2012, conta oggi 35mila utenti, si è affacciata da qualche mese al mercato spagnolo e nell’ultimo anno ha aumentato il proprio tasso di conversione del 20%. È stato uno dei due co-founder, Antonio Parlato, a raccontare alla community di Start Me Up qual è stata la strategia di successo che ha permesso a Spidwit di crescere così tanto.
Il Business Model Canvas è forse lo strumento più conosciuto da chi vuole mettere in piedi un progetto di impresa. In questo articolo abbiamo concentrato tutto quello che sappiamo su questo strumento: c’è il frutto della nostra esperienza personale e della lettura di Creare modelli di business, la traduzione italiana del libro che lo ha fatto conoscere al mondo. Parliamo nell’ordine:
Breve introduzione
Perché usare il Business Model Canvas
I nove blocchi del Business Model Canvas
Parte destra del Business Model Canvas
Parte sinistra del Business Model Canvas
Gli errori da evitare quando si compila il Business Model Canvas
Il Business Model Canvas può essere usato per tutti i tipi di business e in un qualsiasi fase di vita. È talmente potente che ne sono nate versioni per Enti No Profit con fini culturali osociali.
Il segreto del successo del Business Model Canvas è l’essenzialità delle informazioni che ti permette di immagazzinare, informazioni che vengono suddivise in nove blocchi che ritornano in ogni tipo di azione relativa all’esistenza di una organizzazione. Lo sa bene il suo ideatore Alexander Osterwalder che in una intervista ha specificato come il Business Model Canvas sia frutto di uno studio scientifico su diversi modelli di azienda che hanno permesso a lui e al suo team di individuare i nove blocchi e assegnare a ciascuno una posizione specifica. Da quando è stato inventato il Business Model Canvas è utilizzato in tutto il mondo, e ha generato una mole di tool adatti a ogni tipo di esigenza. Vediamo perché anche tu dovresti usarlo per il tuo progetto.
Perché dovresti usare il Business Model Canvas
Il Business Model Canvas ti permette di avere una fotografia completa e sintetica dello stato dell’arte di un progetto. Il suo segreto sta nella semplicità con cui si compila e nel quadro che – una volta terminato – restituisce. ATTENZIONE! Nonostante sia semplice non è infatti detto che debba essere compilato con semplicità. Solo inserendo i dati giusti questo strumento rivela tutta la sua potenza e utilità. In ogni caso, è uno strumento estremamente maneggevole che può essere aggiornato facilmente. Solitamente è il primo documento che si compila quando si ha una idea di impresa o si vuole implementare una nuova soluzione nella propria azienda. Viene fatto ancor prima del Business Plan e anzi, può rappresentarne una guida. È quindi importante compilare il Business Model Canvas con attenzione e con tutto il team, in modo da avere un quadro di insieme completo e condiviso. Io lo uso periodicamente su Start Me Up perché mi permette di capire lo stato dell’arte dell’intero progetto: una volta completato decido se e come modificare alcuni aspetti. Ma capiamo meglio come è fatto il Business Model Canvas.
I nove blocchi del Business Model Canvas
Il Business Model Canvas ha nove blocchi che possono essere raggruppati in due grosse macro aree: una a sinistra e l’altra a destra. Guardando il Business Model Canvas, notiamo che la parte di sinistra riguarda tutti gli aspetti interni a una azienda, ciò che non si vede ma che è fondamentale per produrre e portare a termine la propria mission (o sarebbe meglio dire il valore, ma lo spieghiamo tra un attimo). A destra c’è invece tutta la parte esterna all’azienda, riferita al modo con cui si ha intenzione di relazionarsi con la propria clientela. Non è una divisione fatta a caso. Pensiamo al nostro cervello e al modo in cui è organizzato. L’emisfero sinistro è quello dedicato alla logica, al ragionamento, a destra invece dominano le emozioni, le sensazioni. Sono due aspetti totalmente in linea con le divisioni create da Osterwalder e il suo team. Se infatti i rapporti con il proprio pubblico si basano principalmente sulle emozioni, è la logica che sta dietro alla strutturazione di un processo creativo/produttivo. Se invertissimo le due cose, avremmo serie difficoltà a far quadrare i conti.
Ma dicevamo dei blocchi. Sono nove in tutto e partendo da destra verso sinistra abbiamo:
Da quale blocco partire? Qui ci sono due scuole di pensiero. La persona che per prima mi ha introdotto al Business Model Canvas ha descritto come primo blocco quello del Valore, che è messo al centro non a caso. Il valore di un business è effettivamente il cuore dell’intero progetto che si intende analizzare attraverso questo strumento e tutti gli aspetti descritti negli altri otto blocchi sono profondamente connessi ad esso. In realtà, molti esperti e facilitatori, e gli stessi autori di “Creare modelli di business” che ha spiegato al mondo le potenzialità del Business Model Canvas partono dal blocco più a destra, quello cioè dei segmenti di clientela. La giustificazione di una scelta simile è data dal fatto che ogni prodotto e/o servizio nasce per soddisfare un determinato tipo di clientela. È perciò importante individuare il settore giusto a cui rivolgersi che possa – come è facile immaginare – riconoscerne il valore.
Parte destra del Business Model Canvas
Per comodità qui partiremo dalla parte destra del Business Modela Canvas, quindi dal segmento di clientela, per poi passare al valore e in seguito a tutti gli altri blocchi.
Segmenti di clientela
Qui è importante definire il target di clientela che si intende aggredire. Può essere definito sotto diversi aspetti: aspetti demografici, geografici, possibilità di spesa e tipologia di utilizzo che possono fare del nostro prodotto/servizio. È fondamentale ad esempio chiedersi se i loro bisogni giustifichino un’offerta distinta o se possono essere raggiunti attraverso canali diversi. I parametri scelti possono essere più di uno, ma manco a dirlo, devono essere rilevanti al fine del nostro business.
> A quali domande risponde questo blocco?
Per chi creo valore?
Chi sono i clienti più importanti?
Valore offerto
Il Valore Offerto è il motivo principale per cui il nostro target di clienti sceglie il nostro prodotto/servizio. È al centro del Canvas perché è il cuore del nostro progetto e ogni quadrante lavora in funzione di esso. Non va confuso con il valore economico, che ne rappresenta un aspetto e lo determina in parte. Il valore del nostro prodotto/servizio è quello che ci rende unici sul mercato, il motivo per cui i clienti ci preferiscono agli altri.
> A quali domande risponde questo blocco?
Che tipo di valore fornisco ai miei clienti?
Quale problema li aiutiamo a risolvere?
Quale bisogno dei miei clienti soddisfiamo?
In che modo?
Canali
I Canali servono principalmente per presentare ai clienti il valore offerto dal nostro prodotto/servizio, ma non solo. In “Creare modelli di business” gli autori individuano almeno altre quattro funzioni:
far crescere nei clienti la consapevolezza riguardo i prodotti e servizi offerti da un’azienda;
aiutare i clienti a valutare il valore offerto da un’azienda;
aiutare i clienti ad acquistare specifici prodotti e servizi;
fornire ai clienti un supporto post vendita.
Per facilitare l’individuazione dei canali della propria azienda è utile tenere a mente le cinque fasi che ogni cliente affronta nel momento in cui deve avere a che fare con il nostro prodotto/servizio:
la consapevolezza;
la valutazione;
l’acquisto;
la distribuzione;
il post-vendita.
> A quali domande risponde questo blocco?
Attraverso quali canali vogliono essere raggiunti i nostri clienti?
Quali funzionano meglio?
Quali sono quelli più efficienti a livello di costi?
Come si integrano con le abitudini dei clienti?
Relazioni con i clienti
Tra le relazioni con i clienti è necessario individuare tutte quelle azioni finalizzate:
all’acquisizione di nuovi clienti;
alla fidelizzazione di quelli esistenti;
all’incremento delle vendite.
Rientrano pertanto in questa categoria i servizi di customer-care ad esempio o quei dettagli che contribuiscono ad alimentare il cosiddetto effetto wow del nostro prodotto/servizio. Possono variare in base al numero dei segmenti di clientela che abbiamo individuato.
> A quali domande risponde questo blocco?
Che tipo di relazione intendiamo instaurare con i diversi segmenti di clientela?
Quali relazioni abbiamo già stabilito?
Prevedono un costo?
Flussi di ricavi
Il quadro dei flussi di ricavi chiude la parte destra del Business Model Canvas e serve a identificare le modalità con cui pensate di avere delle entrate. Non vanno perciò inserite delle cifre, ma è necessario individuare in che modo intendete alimentare dal punto di vista economico l’intero processo. I tipi di flussi di ricavi sono principalmente due:
Quelli che arrivano da transizioni che derivano da pagamenti in unica soluzione da parte dei clienti;
Quelli relativi a pagamenti continui derivanti dal valore offerto al cliente o dell’offerta di supporto post vendita.
Naturalmente, il non voler affrontare il discorso dei ricavi cifre alla mano è strettamente connesso al momento di analisi. Può sembrare banale specificarlo ma è bene sottolineare quanto fondamentale sia trovare dei flussi che permettano entrate superiori ai costi, così da mantenere in attivo il nostro prodotto/servizio. È un aspetto che può essere preso in considerazione anche successivamente (anche perché molto spesso, sopratutto in fase di startup, è necessario testare diverse soluzioni prima di trovare quella ideale), ma che comunque non va sottovalutato o, ancora peggio, ignorato.
> A quali domande risponde questo blocco?
Per quale valore i nostri clienti intendono pagare?
Per cosa pagano?
In che modo pagano?
Quanto contribuisce ai ricavi ogni flusso di ricavi?
Parte sinistra del Business Model Canvas
Veniamo adesso alla parte sinistra del Business Model Canvas, quella cioè dedicata ai processi “interni” della nostra azienda. È quella legata ai ragionamenti logici, ricordiamoci quindi che dobbiamo cercare di ottimizzare ogni aspetto così da ridurre i costi, senza inficiare il valore che intendiamo offrire al nostro segmento di clientela.
Risorse chiave
Le Risorse chiave sono gli strumenti che permettono alla nostra azienda di:
creare il valore offerto;
raggiungere i mercati;
mantenere le relazioni con i segmenti di clientela;
ottenere dei ricavi.
Rientrano in questo quadro tutte le risorse fisiche, finanziarie, intellettuali, umane che l’azienda può acquistare o prendere a noleggio. Da sottolineare: le risorse da elencare DEVONO essere “chiave”, cioè importanti per il lavoro dell’azienda, senza di esse non è possibile veicolare la proposta di valore.
> A quali domande risponde questo blocco?
Quali sono le risorse necessarie per veicolare il nostro valore?
Quali i nostri canali di distribuzione?
Le relazioni con i clienti?
Attività chiave
Se nelle risorse abbiamo individuato le “cose” che ci servono per veicolare il valore offerto, qui è necessario individuare le azioni necessarie a questo scopo. A grandi linee, possono essere categorizzate in:
produzione;
problem-solving;
creazione di una piattaforma e/o una rete.
> A quali domande risponde questo blocco?
Quali sono le attività necessarie per veicolare il nostro valore?
Quali i nostri canali di distribuzione?
Le relazioni con i clienti?
Partnership chiave
Parliamoci chiaro, una sola azienda non può fare tutto. Sarà pertanto necessario stringere delle partnership con altre aziende per ottimizzare i propri modelli di business, ridurre i rischi e acquisire risorse. Genericamente ne individuiamo di quattro tipi:
alleanze strategiche fra non concorrenti;
competizione collaborativa (partnership strategiche fra concorrenti);
joint-ventures per sviluppare nuovi business;
relazioni acquirente fornitore per assicurarsi fornitori affidabili.
> A quali domande risponde questo blocco?
Chi sono i nostri partner chiave?
Chi sono i nostri fornitori chiave?
Quali risorse acquisiamo da partner?
Quali attività chiave svolgono i nostri partner?
La struttura dei costi
Nella struttura di costi vanno inserite tutte le voci di spesa utili a sostenere il modello di business che abbiamo immaginato. Anche in questo caso, in questa fase le cifre ci importano poco, quello che realmente ci interessa è distinguere le strutture dei costi. Solitamente i modelli di business rientrano in due grandi classi:
quella basata sui costi;
quella basata sul valore.
> A quali domande risponde questo blocco?
Quali sono i costi più importanti del nostro business model?
Quali tra le risorse chiave sono quelle più costose?
Quali tra le attività chiave sono quelle più costose?
Una volta compilato anche l’ultimo blocco e fatti i dovuti aggiustamenti, sotto gli occhi dovreste avere il quadro completo della vostra azienda.
Gli errori da evitare quando si compila il Business Model Canvas
Stampare il Business Model Canvas in A4
Può sembrare una finezza, ma in realtà più lo schema che avrete davanti è grande, meglio vi troverete a lavorare con il Business Model Canvas. È decisamente sconsigliato stampare il Business Model Canvas in un foglio A4: troppo poco lo spazio. Vi confesso che anche in formato A3 io ho avuto qualche difficoltà. Una misura accettabile può essere quindi l’A2 o ancor meglio l’A1. Una volta per un workshop per sbaglio abbiamo stampato dei Business Model Canvas in A0: ci sono costati un botto, sono scomodissimi da portare, ma lavorarci è una goduria incredibile!
Ignorare che i Post it sono i migliori amici del Business Model Canvas
No, non si scrive direttamente sul Business Model Canvas, con la penna poi! Questo strumento nasce per essere flessibile e può capitare che una volta compilato un blocco ci si accorga che va cambiato qualcosa in quello compilato precedentemente. Il consiglio è quello di usare i post it, uno per ogni cosa scritta, mi raccomando! Ci permettono di essere estremamente flessibili e soprattutto ci aiutano, alla fine del processo, a selezionare gli elementi più importanti per ogni blocco (come? Lo vedremo in un altro articolo).
Ad esempio, se ci sono più segmenti di clientela a cui è necessario dedicare azioni e/o risorse specifiche come possiamo graficamente organizzare le nostre azioni? In questo caso basterà aiutarsi con post it di colore diverso così da avere a colpo d’occhio la distinzione necessaria per orientarsi.
In più, le aziende sono vive e possono cambiare: lo stesso vale per il Business Model Canvas. Magari nel giro di sei mesi capite che un determinato segmento di clientela non è realmente interessato al valore che offrite e allora sarà necessario cambiare qualcosa in uno dei due quadranti. E successivamente dovrete verificare se nel resto dei quadranti sia necessario modificare qualcosa.
Se scrivete direttamente sul Business Model Canvas rischiate di trasformare tutto in un enorme pasticcio: i post it vi permettono di mantenere tutto in ordine. I post it sono i migliori amici del Business Model Canvas.
Considerare i blocchi del Business Model Canvas singolarmente
Spesso quando si compila il Business Model Canvas si tende a considerare i vari blocchi singolarmente. È un errore e non bisogna farlo mai! Si rischia di inficiare tutto il lavoro e questo strumento perde del tutto il suo significato. È lo stesso Alexander Osterwalder a metterci in guardia con un esempio. Pensate all’iPod: se tra i partner chiave non avesse avuto le case discografiche non sarebbe stato l’oggetto rivoluzionario che è stato! E il suo valore sarebbe stato certamente inferiore rispetto a quello percepito dal proprio segmento di clientela.
Non usare abbastanza il Business Model Canvas
Per capire al meglio il Business Model Canvas è necessario frequentarlo il più possibile. L’invito è quello di utilizzarlo quanto prima. La Strategyzer offre anche dei corsi ma in realtà è uno strumento talmente semplice che anche con solo un po’ di pratica è possibile maneggiarlo al meglio. Qui trovate il template al pdf che potete scaricare e iniziare a usare. Mentre in questo video ci sono esempi di Business Model Canvas (dovrebbe iniziare al minuto 10:25).
Il 2020 si apre con qualche novità per la community Patreon di Start Me Up. Ci sono infatti alcuni cambiamenti nelle ricompense per chi decide di sostenere il programma con una offerta mensile. La prima riguarda l’intera community a pagamento (tutte quelle persone che donano almeno 3$ al mese), la seconda invece è riservata a chi dona 15$ al mese.
“Casi Studio”: il nuovo format per chi dona almeno 15$ al mese
I Patron che da questo mese doneranno almeno 15$ potranno partecipare al nuovo format, chiamato “Casi Studio”.
“Casi studio” è una videochat di 45 minuti che avrà come oggetto la strategia dietro una startup di successo raccontata direttamente dal suo founder.
I partecipanti avranno così modo di conoscere le mosse che hanno portato al successo un progetto di impresa che arriva dal Sud Italia. Come sempre, chi partecipa alla diretta potrà fare delle domande e successivamente avrà accesso all’archivio con la registrazione del webinar e un piccolo report testuale.
Primo caso studio: Spidwit con Antonio Parlato
Il primo caso studio che prenderemo in esame sarà quello di Spidwit, startup siciliana che offre uno strumento di gestione delle pagine social aziendali.
Giovedì 30 gennaio alle ore 17, Antonio Parlato, co-founder di Spidwit sarà online per condividere la strategia che ha permesso al progetto di crescere del 400% nell’ultimo anno. Per partecipare basta donare almeno 15$ a Start Me Up.
I web café – prima riservati ai soli patron da 15$ – saranno aperti a tutti i sostenitori di Start Me Up. Ogni membro della community potrà conoscere e fruire degli insegnamenti di un soggetto “esterno” al gruppo. È un modo per stimolare ulteriormente la curiosità e conoscenza dei membri della community.
La cadenza dei Web Café resterà mensile. Fanno eccezione i mesi di giugno e dicembre perché in programma ci saranno i Community Café, che diventano semestrali.
Qual è la differenza tra un Web e un community café?
Il web café è un webinar con esperti del mondo dell’innovazione del Sud Italia: lo scopo è imparare un po’ di più su un determinato argomento o sviluppare in modo corretto una particolare competenza. Lo stile è informale e durante i web café c’è sempre modo di fare domande
Il Community Café è invece un momento di riflessione sulla community e sui progetti portati avanti dai membri del gruppo. Sino a ora si è svolto mensilmente, ma da gennaio la cadenza sarà semestrale. La volontà è quella di condividere il più possibile un percorso con chi decide di far parte del progetto Start Me Up e dall’altra di riservare dei momenti di “assestamento” così da poter aggiustare il tiro e permettere al gruppo di andare verso una direzione comune.
In sintesi:
Web café = formazione su un particolare argomento con una persona esterna
Community café = riflessioni sulla community e i nostri progetti.
Cosa è la community Patreon di Start Me Up?
Da aprile 2019 è possibile sostenere Start me Up attraverso una piccola donazione mensile. Si va da una offerta di 3$ al mese (circa 10 centesimi al giorno, 36$ all’anno) fino a 15$. Per ciascuna donazione sono previste delle ricompense. Viene fatto tutto attraverso la piattaforma Patreon e si può donare con un account Paypal. Quando è stato lanciato il progetto, avevamo descritto tutto in questo post.
p.s.: l’articolo che hai appena letto, è comparso in forma diversa e riservata per alcune ore alla sola community: puoi leggerlo (se ti va) qui.
Non so voi, ma da quando frequento il mondo dell’online, uno dei nomi che torna sempre è quello di Riccardo Scandellari. Nella timeline dei social che seguo spesso compaiono i suoi contenuti perché condivisi dai miei contatti e in più di una occasione amici mi hanno detto di aver partecipato a uno dei suoi corsi restandone realmente soddisfatti. Ho capito perché leggendo “Fai di te stesso un brand” e in queste poche righe vi spiego perché.
“Fai di te stesso un brand” un classico dei libri di marketing
Non so se sia esagerato applicare la categoria classico anche ai libri di marketing: a mio avviso “Fai di te stesso un brand” ci rientra perfettamente. Il libro di Riccardo Scandellari ha la capacità di condensare in poco meno di duecento pagine tutto quello che serve per iniziare e/o migliorare la propria presenza online. E l’autore lo fa in modo semplice, diretto, come farebbe un fratello maggiore. E non uso questa metafora a caso: il fratello maggiore è quello che ti spiega le cose perché ci è già passato (e se non lui, sicuramente qualcuno che conosce) e quindi sa di chi ci si può fidare e di chi no, quali sono le cose da sapere e – nel caso – da approfondire, quando è il momento di passare all’azione. “Fai di te stesso un brand” segue (almeno secondo me) questa logica.
“Fai di te stesso un brand” per capire come e dove agire online
“Fai di te stesso un brand” offre una panoramica di ciò che è importante sapere quando si inizia a comunicare attraverso il digitale e lo fa in modo semplice e – per quanto possibile per un libro – aggiornato. Io ho letto l’edizione di settembre 2017 e non ho mai avuto la sensazione che le informazioni non fossero attuali. E questo perché “Fai di te stesso un brand” non è un libro di strategia ma un prontuario per capire come e dove agire online.
Si parte dai “concetti base” in cui vengono esposte alcune teorie che stanno alla base (appunto) del voler essere presenti online per passare poi al capitolo “strumenti” dove è possibile trovare una breve panoramica delle varie piattaforme da usare. La terza sezione è dedicata ai “contenuti” e l’autore elenca i fattori da tenere presenti per fare in modo che ciò che si intende produrre (che sia scritto o multimediale) riesca davvero a sortire l’effetto desiderato. I capitoli finali, dedicati rispettivamente a “passare all’azione” e “il network” contengono infine una lunga serie pillole e suggerimenti per non cadere nei classici errori di chi si avvicina a questo mondo.
Chi dovrebbe leggere “Fai di te stesso un brand”
“Fai di te stesso un brand” è un ottimo strumento per chi, alle prime armi, vuole saperne di più su come promuoversi online. La schematicità con cui sono organizzati i contenuti rende fruibile il libro anche a posteriori, per una breve consultazione. Infine, non bisogna sottovalutare l’esposizione schietta e semplice di Riccardo Scandellari che rende “Fai di te stesso un brand” un libro piacevole da leggere: un po’ come ascoltare i consigli di un fratello maggiore.
Apriamo questo 2020 con un numero di Camera a Sud interamente dedicato ai progetti portati avanti da alcuni dei sostenitori di Start Me Up. Il gruppo è piuttosto variegato e i progetti rispecchiano questa diversità. Qui ne abbiamo raccolti tre: alcuni sono eventi, altri sono cose da sapere. C’è l’impresa di Luca Naso che lo impegnerà per tutto l’anno, la webserie dedicata all’innovazione sociale realizzata dalla casa di produzione di cui fa parte Toti Di Dio e l’appuntamento annuale di OpenData Sicilia organizzato tra gli altri da Andrea Borruso che è stato protagonista del webcafé di dicembre e fino al mese scorso ha sostenuto Start Me Up. Vediamo i singoli progetti in dettaglio.
Correre ai confini di Luca Naso
È partito l’1 gennaio da Catania e mentre scriviamo si trova da qualche parte in Calabria. È Luca Naso che ha deciso di passare questo 2020 in giro per l’Italia correndo. Il suo progetto è “Correre ai confini” e Luca prevede di percorrere il “bordo” dell’Italia dal Primo gennaio al 31 dicembre 2020. Tutti possono seguire l’avventura di Luca attraverso i suoi canali social (qui il link alla pagina Facebook, qui invece quello del profilo Instagram). C’è anche un sito web dove potete dare la vostra disponibilità nel caso in cui Luca dovesse passare dalle vostre parti. Luca dovreste ricordarlo perché lo intervistammo qualche anno fa, abbiamo naturalmente in programma di sentirlo nelle prossime settimane per sapere come va il suo “giro”.
Art for Change: quattro documentari per quattro progetti di rigenerazione sociale
Il 2019 si è chiuso con la pubblicazione di Art for Change, la webserie di quattro documentari che raccontano altrettanti progetti di rigenerazione sociale. La street art del progetto di Borgo Vecchio Factory a Palermo, l’Accademia del Cinema dei Ragazzi di Enziteto a Bari, il Museo dell’Altro e dell’Altrove nelle ex fabbriche Fiorucci di Roma, la comunità di Puerta del Angel a Madrid. Quattro esperienze concrete di trasformazione sociale avvenuta attraverso l’arte.
Art for Change è disponibile su Vimeo e Amazon Prime ed è stato realizzato da The Piranesi Experience. The Piranesi Experience è la casa di produzione che promuove l’innovazione sociale attraverso il racconto documentaristico e il video in genere. Fa parte del network di Push e noi li teniamo d’occhio da tempo anche se non ne abbiamo mai parlato in uno dei nostri podcast: ci sembra un ottimo proposito per il 2020.
Catania si prepara al raduno OpenData Sicilia 2020 – 6/7 marzo
Abbiamo parlato più volte del contributo che Open Data Sicilia ha dato e sta dando a livello nazionale nella diffusione e nell’evangelizzazione dei dati aperti. Ogni anno questa community si raduna per confrontarsi e fare il punto sulle attività portate avanti. Sono sempre eventi pubblici e aperti a tutti, ricchi di spunti e riflessioni su un tema che – sopratutto con l’avvento del digitale – ci riguarda sempre più da vicino. Il programma del raduno 2020 al momento è in costruzione, c’è la possibilità di proporre un argomento e ci sono varie forme per partecipare attivamente all’evento. È importante sottolineare come il 6 e il 7 marzo si celebreranno i primi dieci anni di Open Data italiani visto che è passato un decennio dall’introduzione dei dati aperti nel nostro Paese. Qui, comunque, trovate tutto quello che c’è da sapere.
Gli Open Data sono stati al centro del Web Café di dicembre, il cui protagonista è stato Andrea Borruso, che è tra gli organizzatori del Raduno.
Evoluzione imprenditoriale attraverso una visione ecosistemica – 28 marzo, Catania
Il 28 marzo presso l’incubatore Vulcanìc si svolgerà Evoluzione imprenditoriale attraverso una visione ecosistemica, il primo evento targato Unevent. Il tema è delicato e di grande interesse: in che modo si rapporta un’organizzazione nei confronti del sistema in cui è inserita? Per quanto astratto questo quesito possa sembrare, in realtà ha delle ripercussioni reali e concrete nella vita di tutti i giorni.
Ne parlerà sabato 28 marzo Mattia Rapisarda utilizzando, tra le altre cose, la metodologia LEGO SERIOUS PLAY. Per maggiori informazioni c’è l’evento su Facebook, qui vi ricordiamo che l’appuntamento è a pagamento e ha posti limitati (che stanno per terminare!).
Evoluzione imprenditoriale attraverso una visione ecosistemica è un evento promosso da Unevent è il soggetto che Mattia ha fondato insieme ad altri amici: nasce alla fine della Startup Week Catania, evento che ha portato nell’Ateneo etneo una serie di professionisti e esperti per parlare di impresa, design e metodologie utili per chi vuole fare startup. Da quella esperienza, questo gruppo ha sentito forte la necessità di divulgare questi temi con una serie di eventi che si svolgeranno lungo tutto il 2020.
Bonus: Cosa è la community di sostenitori di Start Me Up?
Da aprile Start Me Up ha una sua community di sostenitori che mensilmente e volontariamente supporta il podcast con una offerta in denaro. Il tutto avviene attraverso Patreon: chi effettua una donazione in cambio ha la possibilità di scambiare idee e confrontarsi all’interno di un gruppo segreto su Telegram e poi, in base alla propria offerta, riceve specifici benefici. Dentro questo gruppo c’è un po’ di tutto: programmatori, ricercatori, lavoratori dipendenti, imprenditori. Tutti in comune hanno la passione per il mondo dell’innovazione e per il Sud Italia. Se vuoi farne parte, non devi far altro che fare una tua offerta attraverso Patreon: se hai bisogno di ulteriori informazioni, scrivi pure.
Non è la prima volta che qui a Start Me Up parliamo di Open Data o dati aperti. Ma ci sembrava corretto dedicare un web-café a questo tema per almeno un paio di motivi. Il primo perché negli ultimi tempi il tema “dati” è sempre più caldo, soprattutto in relazione alla gestione e alla pubblicazione. Capire quindi cosa significa Open Data è utile per mettere le basi anche per un eventuale idea di business. E il secondo motivo è la collaborazione e l’amicizia con Andrea Borruso, uno dei maggiori esperti nel campo a livello italiano. È lui il protagonista di questo ottavo web-café.
Open Data: cosa sono e perché potresti usarli nella tua startup
In questo web-café siamo partiti da una definizione del concetto di Open Data e Andrea ha spiegato ampiamente con esempi e citazioni quali sono le caratteristiche principali dei Dati Aperti e i loro principali utilizzi. Abbiamo quindi cercato di fare un po’ il punto sullo stato dell’arte italiano in questo campo. Inoltre abbiamo spaziato su esempi di aziende che utilizzano gli Open Data per scopi commerciali e citato anche Open Access, la licenza che viene sempre più utilizzata per i dati che vengono fuori dalla ricerca scientifica universitaria.
Per guardare il web café e accedere alla pagina con i link citati è necessario essere parte della comunità di Start Me Up e sostenere il format con una offerta di almeno 15$ al mese.
Andrea è un Esperto in Sistemi Informavi Geografici (GIS) e dati aperti. Lavora da anni nella progettazione GIS e nel data processing, per le pubbliche amministrazioni e per le aziende. Tra le altre cose è attualmente è consulente di Almawave, a cui fornisce supporto specialistico sui dati aperti per la Regione Siciliana.
È il fondatore di uno dei primi blog italiani a tema GIS (TANTO), è uno dei principali animatori della comunità Open Data Sicilia ed è orgoglioso di essere il presidente di onData: un’associazione per la promozione della trasparenza e della cultura dei dati attraverso le competenze digitali e il giornalismo investigativo.
Il web café con Andrea Borruso è riservato a chi sostiene Start Me Up con una donazione di almeno 15 dollari mensili: fai la tua offerta ora e partecipa alla diretta. In più ottieni l’accesso anche ai web café precedenti.
Speriamo che Sergio Endrigo ci perdoni ma non potevamo trovare titolo più azzeccato per questa nuova e bellissima iniziativa che Cookpad ha deciso di adottare.
Una ricetta, un albero!
Cookpad – la più grande community al mondo dedicata alla cucina di ogni giorno – ha deciso infatti di sposare il progetto di #TeamTrees, l’organizzazione che ha l’obiettivo di piantare 20 milioni di alberi entro il 2020. Fino al 31 Dicembre 2019, per ogni ricetta condivisa su Cookpad, Cookpad donerà un albero a #TeamTrees: una ricetta, un albero; 100 ricette, 100 alberi!
Al momento grazie alla pubblicazione di 100.000 ricette sulle piattaforme Cookpad di tutto il mondo, sono stati donati più di 100.000 alberi (dati al 25 novembre 2019). Ma, naturalmente, è possibile fare molto di più! Basta andare su cookpad.it o scaricare l’app di Cookpad, e pubblicare una o più ricette: per ogni ricetta condivisa entro il 31 dicembre, Cookpad donerà un albero a #TeamTrees.
Piantare alberi per contrastare i cambiamenti climatici
È stato calcolato che ognuno di noi ha bisogno di 22 alberi al giorno per ricevere l’ossigeno necessario ed assorbire la CO2 emessa. Un albero di 20 anni assorbe la CO2 prodotta da un’auto che percorre 20.000 km. Gli alberi sono i pilastri vegetali su cui si fonda la Terra. E piantare nuovi alberi non è soltanto uno dei modi più tangibili ed efficaci per ridurre le emissioni di anidride carbonica ma è un atto di gratitudine nei confronti del Pianeta che ci regala il cibo che portiamo in tavola ogni giorno.
Questo Natale facciamo un regalo che vale doppio: doniamo (almeno) una ricetta e (almeno) un albero. Sigla!
Design for Change è una pubblicazione dedicata a chi vuole promuovere percorsi di rigenerazione sociale in gruppi marginalizzati. A redigerla è stata il gruppo di Paco che, dopo aver lavorato per diversi anni al progetto PARTY – PARTicipatory development with the Youth, ha deciso di raccogliere in un ebook ciò che ha imparato.
Non stiamo naturalmente parlando di un memoriale ma una guida pratica per chi vuole lavorare su un particolare gruppo di persone e non sa da dove partire.Design for Change permette di stabilire i risultati e indica la strada per conseguirli con semplicità e chiarezza.
A una breve, ma indispensabile, premessa teorica, segue un lungo elenco di strumenti ed esercizi pronti all’uso. Ogni esercizio è catalogato per risultato che si intende raggiungere, difficoltà di implementazione e condizione base del gruppo con cui utilizzarlo. In più, dove serve, ci sono template e strumenti che è possibile scaricare e usare.
Ogni esercizio ha naturalmente degli scopi ben precisi, ma tutti seguono tre macro-obiettivi principali. Inizialmente è importante coinvolgere le persone e farle lavorare sui propri aspetti personali (ME), successivamente è necessario permettere loro di capire come mettere queste competenze al servizio del proprio gruppo di riferimento (ME+). Infine bisognerà convogliare tutto ciò all’interno della propria cerchia sociale e riconoscersi in un gruppo specifico a livello globale (ME++). Un percorso non certo semplice ma che se impostato nel modo giusto produce i suoi frutti.
Dettaglio non trascurabile é che Design for Change viene fuori da un progetto di lavoro svoltosi tra l’Europa e il Sud Africa e ha coinvolto parti di società considerate ai margini: un dettaglio che rende questo ebook ancora più adatto per chi si trova a lavorare in contesti non facili. Se siete designer esperti forse lo troverete banale (sono gli stessi autori a avvertirvi), ma per tutti gli altri può rivelarsi uno strumento utile per diffondere buone pratiche e senso di comunità.
Come si scarica Design for Change
Per scaricare Design for Change basta andare sul sito di Paco e dopo aver compilato un breve questionario è possibile scaricare gratuitamente l’ebook.
Chi è Paco
Paco è un network di professionisti che affronta le sfide sociali con un approccio design-oriented.
Valorizzando il potenziale del design e dell’educazione, Paco promuove l’innovazione sociale, i comportamenti sostenibili e le opportunità imprenditoriali. Il tutto grazie a un cambio di paradigma che passa dalla rimodulazione del mondo del lavoro e la condivisione di idee e prospettive.
Farsi strada nel mondo dell’online marketing non è mai semplice: si rischia di essere troppo tecnici o troppo banali. In più, il tema è estremamente pratico e tutto ciò che si apprende, lo si impara sul campo. Per questo è importante – soprattutto per chi è all’inizio – conoscere chi lavora già da tempo in questo settore. Come Gabriella Bartolotta, la protagonista del web café di Start Me Up di novembre.
Online marketing per chi parte da budget bassi
In questo web café abbiamo provato a capire quali potessero essere i problemi che ogni startup affronta quando si trova davanti a tutte quelle azioni inerenti il marketing online. Gabriella ci ha aiutato a capire come riuscire a trovare il proprio pubblico di riferimento e pianificare una buona strategia di marketing anche se non abbiamo budget molto alti.
In più ci siamo anche fatti spiegare come riuscire a trovare la giusta figura che si possa occupare di digital marketing e che quindi possa soddisfare le esigenze della propria startup.
Per guardare il web café è necessario essere parte della comunità di Start Me Up e sostenere il format con una offerta di almeno 15$ al mese.
Gabriella Bartolotta è una delle docenti di The Digital Career Institute di Berlino e ha lavorato per quattro anni come Online Marketing Manager presso Zalando. Prima ancora è stata Junior Manager a Rocket Internet. È specializzata in Performance Marketing.
Il web café con Gabriella Bartolotta è riservato a chi sostiene Start Me Up con una donazione di almeno 15 dollari mensili: fai la tua offerta ora e partecipa alla diretta. In più ottieni l’accesso anche ai web café precedenti.