Il tuo parere? Non serve a niente

Uno degli aspetti forse più critici della vita di azienda e del lavoro di gruppo in generale riguarda i pareri sul lavoro dei propri collaboratori. Se fossimo in uno di quei video motivazionali per startupper in erba potremmo dire che “grazie alle critiche l’azienda cresce e il lavoratore diventa più consapevole, eccetera eccetera…”. In realtà chi lavora in gruppo sa benissimo che esprimere un parere sul lavoro svolto dai propri colleghi spesso è una vera e propria rogna per questioni di tempo, visione, aspettative altrui e tatto (per dirne solo alcune, di rogne). Come uscire quindi da questa situazione? Abbiamo fatto un giro nell’internet e le risposte sono pressoché univoche: i pareri non servono a nulla.

Lo scrive chiaramente Bruna Tortorella su Internazionale riportando un articolo di Oliver Bunkerman che a sua volta cita il libro “Nove bugie sul lavoro” scritto da Marcus Buckingham e Ashley Goodall. I due autori sostanzialmente scrivono che “non vale mai la pena dire alle persone quello che secondo voi fanno bene o male, o come farlo meglio”. Anche se lo fate per il loro bene, con gentilezza o semplicemente indorando la pillola: i commenti, feedback o pareri servono a poco o comunque non faranno crescere quella persona professionalmente. Se non volete comprare il libro, potete leggere il post che hanno scritto sull’Harvard Business Review in cui smontano pezzo pezzo tre teorie che stanno alla base del “le critiche aiutano a crescere”.

Se i pareri non servono, le reazioni sono la via

E quindi? Che fare? Non tutto è perduto, tranquilli. In effetti una via per aiutare le persone quando – secondo noi – stanno sbagliando c’è, ed è più semplice di quanto possiamo immaginare. Piuttosto che dire “così non si fa…” o “non avresti dovuto fare così…” è sempre bene dire come ci ha fatto sentire quella determinata azione. Se infatti anziché comunicare quanto non ci è piaciuto il loro lavoro cerchiamo di spiegare loro come ciò che hanno fatto ci ha fatto sentire andremo dritti al punto.
Il fatto è che nessuno ha la ricetta per fare le cose al meglio. C’è l’esperienza che può guidarci in un lavoro, ma la storia ci insegna che a volte fare le cose in modo diverso può darci un risultato migliore. Da qui ne scaturisce che ognuno dovrebbe essere libero di raggiungere la soluzione come meglio crede. Occhio che se estremizzate troppo questo concetto si arriva al caos e si va fuori tema. Se restiamo in parametri come lo stile o l’approccio personale a una attività, allora non c’è una regola unica: se una cosa funziona per uno (e porta risultati ottimi) non è detto che funzioni per gli altri. Va da sé che la critica sul metodo non porta a nulla perché magari il destinatario di quella critica ha un approccio diverso dal vostro.
Portando invece il feedback su un piano più personale, di reazione, le cose cambiano. Quelle sono veramente sensazioni solo nostre e restituirle al mittente non può che fargli bene. E occhio che questo vale di più in positivo che in negativo! Scrive Oliver Bunkerman (sempre nella traduzione di Bruna Tortorella) su Internazionale:

il modo migliore per elogiare qualcuno non è valutare il suo talento ma dirgli come ci ha fatto sentire. Dopotutto, è straordinariamente arrogante fare i complimenti a qualcuno perché è un bravo scrittore, stratega, compagno di squadra e così via: chi ci autorizza a giudicarlo? Ma elogiarlo perché ci ha ispirato, convinto o aiutato a capire un argomento complesso è una cosa completamente diversa. Di questo gli unici veri giudici siamo noi.

Approcci pratici alla gestione dei pareri

Un approccio approvato anche da altri autori: Dave Bailey in suo articolo su medium chiama in causa addirittura l’approccio nonviolento. Basandosi principalmente sull’empatia, Dave guida il lettore in un ragionamento a trecentosessanta gradi su come comunicare al meglio i pareri all’interno del team. Tra le varie tecniche consigliate da Dave mi ha molto colpito la regola delle 40 parole. La descrive così (la traduzione è mia):

Durante le conversazioni difficili, è importante essere estremamente concisi. Cerca di descrivere le tue osservazioni, i tuoi sentimenti, i tuoi bisogni e le tue richieste in meno di 40 parole. Usare più parole suggerisce che stai giustificando i tuoi bisogni, e questo diminuisce il potere delle tue frasi.

C’è chi invece, come Claire Lew, suggerisce qualcosa di ancora più semplice. Un accorgimento utile soprattutto a chi è a capo di un gruppo di persone e desidera avere un giudizio sul proprio operato. Se si chiede espressamente al proprio team un’opinione su ciò che si è fatto è sempre bene sostituire la parola parere (feedback) con consiglio (advice). Scrive Claire su medium (la traduzione è sempre mia):

La parola “feedback” porta con sé un carico molto pesante. Alcuni la associano automaticamente a una “critica” o a qualcosa di negativo. Può quindi avere un suono spaventoso e formale.

Mentre “consiglio” è una parola molto più accogliente. Il consiglio viene associato molto più facilmente al concetto di dare una mano a qualcuno. Quando qualcuno ti dà un consiglio spesso è perché vuole prendersi cura di te.

Se questo articolo vi ha convinto, condividete questo articolo con il/la vostra/o collega criticona/e, magari aggiungendo un cuoricino, e ditegli che lo fate per il bene del vostro lavoro.

Foto di copertina di Camylla Battani, via Unsplash

Innovazione sociale e sostenibilità nella bacheca di aprile

Una bacheca all’insegna dell’innovazione sociale quella di aprile. Se siete amministratori pubblici ne dovete tenere assolutamente conto (se non lo siete potete comunque farglielo sapere). Ma tranquilli, in questa bacheca ce n’è anche per chi innova nel settore tessile e nella cultura. Infine vi segnaliamo anche un posto di lavoro come growth-hacker…

Progetti sperimentali su Innovazione Sociale – Dipartimento funzione pubblica

Il Dipartimento funzione pubblica del Ministro della Pubblica Amministrazione ha avviato la sperimentazione per l’utilizzo del fondo per l’innovazione sociale. Si legge sul sito del Ministero che “La sperimentazione si articola in un Programma triennale che, nell’ambito delle risorse stanziate dal Fondo, finanzia progetti di innovazione sociale di amministrazioni locali  nei settori dell’inclusione sociale, dell’animazione culturale e della lotta alla dispersione scolastica”.

Questo significa che il Dipartimento assume il ruolo di abilitatore di processi di innovazione sociale in modo da favorire la nascita di idee e progetti dal basso “per accompagnare e validare modelli di intervento in grado di dare una risposta più efficace rispetto ai bisogni dei cittadini e più efficiente rispetto all’allocazione ed utilizzo delle risorse pubbliche”.

Sarà possibile presentare le proprie proposte – che dovranno essere inviate da rappresentanti di comuni capoluogo e le città metropolitane – tra il 15 giugno 2019 al 31 maggio 2020.

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Cultura Crea, c’è ancora tempo per accedere al finanziamento

“Cultura Crea” è l’incentivo che sostiene la nascita e la crescita di iniziative imprenditoriali e no profit nel settore dell’industria culturale, creativa e turistica, che puntano a valorizzare le risorse culturali del territorio nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

È promosso dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact) per sostenere la filiera culturale e creativa delle regioni interessate e consolidare i settori produttivi collegati, rafforzando la competitività delle micro, piccole e medie imprese in attuazione del PON FESR “Cultura e Sviluppo” 2014-2020 (Asse Prioritario II). Le risorse finanziarie stanziate ammontano a circa 107 milioni di euro. È prevista una dotazione aggiuntiva di 7 milioni di euro.

Ne abbiamo parlato a dicembre 2016 ma ci sono parecchie novità per il 2019,

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Re-FREAM la call per artisti e designer

Re-FREAM, è alla ricerca di artisti e designer che possano collaborare insieme a ricercatori e scienziati per progetti di ricerca innovativi nell’ambito della produzione tessile. Questi progetti verranno sviluppati in un percorso assistito lungo tre spazi di co-creazione, in cui 20 artisti potranno creare concept innovativi insieme a scienziati e specialisti lungo un periodo di 9 mesi, con finanziamenti per i progetti migliori pari a € 55.000. Ogni spazio di co-creazione sarà situato in uno specifico hub, a Valencia, Berlino e Linz.
È possibile candidarsi alla prima delle due call previste (con 10 progetti finanziati per ogni call) attraverso il sito ufficiale, entro e non oltre il 30 maggio 2019. Maggiori info anche sul sito del Consorzio Arca, partner di Re-FREAM.

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Fondazione Sicilia sostiene i piccoli borghi

La Fondazione Sicilia ha pubblicato due bandi per la valorizzazione dei piccoli centri siciliani. Con il primo bando, Fondazione Sicilia intende contribuire alla rigenerazione del territorio, dedicando particolare attenzione agli interventi di restauro/conservazione del patrimonio storico-artistico e ambientale dei piccoli centri, anche con lo scopo di concorrere a preservare la memoria della comunità. Mentre con il secondo bando la Fondazione invita a immaginare un nuovo futuro per queste aree. I borghi possono essere infatti conservati nella loro forma corrente e con la loro destinazione originaria, ma non va preclusa loro la possibilità di ristrutturare alcune aree, destinandole a finalità diverse rispetto a quelle di partenza. Entrambi i bandi scadono il 17 giugno 2019.

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FOUNDAMENTA8 per le startup a impatto sociale

Chi è a capo di una startup a impatto sociale può considerare di presentare la propria candidatura a FOUNDAMENTA8.

In palio:

  • Seedfund fino a #100k€ cash;
  • 4 mesi di training e accelerazione intensiva;
  • Accesso al network 50+ #investor e mentor.

La call chiude il 02.06.2019.

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Offerte di lavoro

Biorfarm alla ricerca di un Guerriero della Comunicazione

Biorfarm è alla ricerca di un Guerriero della Comunicazione, un tester nato, con un forte orientamento al Digital Marketing e che sappia costruire Network, convertire i pagani in Agricoltori Digitali e non abbia paura di sporcarsi le mani per essere l’artefice della crescita!

Ascolta l’intervista a Osvaldo De Falco di Biorfarm e scopri di più sulla loro offerta di lavoro.

Foto di copertina di Luis Tosta, via Unsplash

Un Sud che fa squadra mentre la politica sembra dividerlo

Un Sud che fa sempre più squadra mentre la politica sembra volerlo dividere. È un po’ questa la sintesi del Camera a Sud di aprile che apre con l’analisi che lo Svimez fa sul DEF 2019. Dopo vi segnaliamo un nuovo tassello nella storia de La Scuola Open Source che lo scorso primo aprile ha avviato l’iter per diventare una cooperativa. Così come la Fondazione Ampioraggio che ha raccolto le manifestazioni di interesse e si avvia a diventare giuridicamente una fondazione. Infine, segnaliamo ben due startup weekend che si svolgeranno in Puglia e in Campania nel mese di maggio.

Il DEF 2019 e il Sud Italia: il parere dello SVIMEZ

Non possiamo non aprire questo nuovo numero di Camera a Sud senza partire da ciò che lo SVIMEZ per bocca di Carmelo Petraglia, collaboratore dell’Istituto e professore all’Università delle Basilicata, dice riguardo il DEF 2019 approvato dal Governo qualche giorno fa.

Nell’articolo pubblicato sull’Huffington Post il professore mette in evidenza il sempre più crescente divario che esiste tra Nord e Sud. Un divario che non è solo strutturale ma è presente nella visione di questo Governo. Scrive Petraglia:

I suoi due azionisti parlano a due Italie diverse, geograficamente delimitate dal confine tra Nord e Sud. Due Italie che si vuol far credere siano divise da interessi contrapposti, dalle quali si assume provengano domande di politiche inconciliabili e alle quali, perciò, vengono offerte soluzioni distinte. Così si spiegano l’introduzione nel contratto di governo dell’autonomia delle regioni del Nord da un lato e, dall’altro, del reddito di cittadinanza, identificato impropriamente come una misura specifica per il Sud.

Qui l’articolo completo -> huffingtonpost.it/svimez/

Ampioraggio diventa Fondazione

Qualche settimana fa si è conclusa la fase di pre-adesione al progetto esecutivo della Fondazione Ampioraggio. L’ente ha dichiarato di aver raccolto 142 manifestazione di interesse che arrivano da 14 regioni italiane. Adesso parte l’iter giuridico per il riconoscimento effettivo della Fondazione.
In programma ci sono già alcune attività come una nuova edizione di Jazzin, l’evento che ha messo insieme jazz e innovazione a Pietrelcina (ne abbiamo parlato qui).
Anche Start Me Up ha chiesto espressamente di essere parte della Fondazione Ampioraggio a cui auguriamo il meglio!

La SOS diventa cooperativa

Il primo aprile c’è stata l’assemblea straordinaria davanti al notaio che ha di fatto dato il via all’iter normativo per trasformare la Scuola Open Source in Società Cooperativa. Dal sito specificano che non si tratta di uno scherzo e che dietro questa decisione ci sono una serie di riflessioni. Il punto di partenza è l’essere una comunità: da qui la decisione di una forma societaria che – si legge sul sito – “si presta decisamente meglio a rispondere alle esigenze di cui sopra, dato che – all’interno dell’ampia Comunità de La Scuola Open Source – già si verifica pienamente la prevalente mutualità degli scambi”.

Nel post poi vengono spiegati l’iter che ha portato a questa decisione, i possibili rischi e i benefici connessi e vengono illustrati i prossimi passi. Abbiamo parlato della SOS in due occasioni, qui e qui.

A maggio due Startup Weekend al Sud Italia

Più che un aggiornamento, chiudiamo questo numero di Camera a Sud con l’annuncio di due Startyp Weekend. Il primo (in ordine temporale) si svolgerà a Brindisi (10-12 maggio) e sarà la prima volta che questo format viene organizzato in questa città. Il secondo invece, in programma il fine settimana successivo (17-19 maggio), si svolgerà a Salerno e sarà verticale sullo sport. Inutile dire che, se siete in zona e avete voglia di mettervi alla prova, dovreste andare. Se poi avete bisogno di motivazioni ulteriori, qui ne trovate dieci.

Immagine di copertina, via.

Speciale CreativeMornings Italia

Speciale in due podcast che Start Me Up dedica a CreativeMornings Italia. Attraverso le voci di chi ogni mese organizza un evento legato a questo format cerchiamo di capire cosa è CreativeMornings e come viene declinato in Italia. Nel primo podcast cerchiamo di capire come CreativeMornings arriva in Italia, quali sono gli effetti sulla città e sul team organizzatore e quali sono le difficoltà e le cose belle che l’organizzazione di un evento simile comporta.

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Nel secondo invece esploriamo gli aspetti più pratici che stanno dietro l’organizzazione di un CreativeMornings: non solo colazioni, ma come scegliere gli ospiti, come far crescere la community e tanto altro!

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Lo facciamo ascoltando le voci di:

Cosa è CreativeMornings?

CreativeMornings è una serie mensile di colazioni-lezioni per la comunità creativa. Sono degli eventi gratuiti composti da un talk di 20 minuti e una colazione. Il format è stato creato nel 2008 da Tina Roth Eisenberg, anche nota come Swissmiss, con l’obiettivo di creare un evento più accessibile e continuo per la comunità di creativi di New York. Da allora questo format si è diffuso in tutto il mondo e in Italia è a Milano, Torino, Roma, Palermo, Firenze e Ancona.

Perché questo speciale?

Lo speciale CreativeMornings Italia (o per gli addetti, “specialone”) nasce per dare il via alla partnership che Start Me Up ha sancito con CreativieMorings Palermo. Da aprile 2019 almeno un podcast al mese sarà dedicato a uno speaker di CreativieMorings Palermo. Il team palermitano collaborerà con noi dandoci una mano con la realizzazione delle grafiche e di alcuni testi. Un modo per dare un ulteriore forza alla community palermitana di CreativieMorings e a quella che segue Start Me Up.

Le citazioni degli ospiti

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Quattro motivi per leggere “Il lavoro del futuro” di Luca De Biase

Parlando di questo libro avrei potuto inserire un sacco di citazioni che mi sono rimaste in mente. Il rischio sarebbe però poi stato di non scrivere un articolo ma di fare un plagio, così cerco di mettere le idee al proprio posto e vi do quattro motivi per leggere “Il lavoro del futuro” di Luca De Biase.

Innanzitutto perché non è solo teoria. È bello vedere come l’autore inserisca casi concreti di aziende italiane che lavorano in campi come la robotica e a livelli così alti che quasi pensi non sia possibile: quando il dibattito quotidiano si è ridotto a polemiche e a un gioco al ribasso che ci appiattisce tutti alla mediocrità? Perché è necessario acquistare un libro per sapere che in ogni parte d’Italia c’è almeno un’azienda che cerca di innovare il proprio settore? Credo che se notizie di questo tipo fossero più alla portata di tutti guarderemmo al futuro con meno livore e forse anche con un po’ più di serenità.

Fa i conti con la paura sempre più diffusa della perdita di posti di lavoro (vedi alla voce livore, poco più su). Magari è una versione edulcorata del futuro, però il libro affronta il tema del “sopravvento dei robot” in maniera piuttosto oggettiva. E lo fa in un modo abbastanza banale e cioè trattando i robot per quello che sono, cioè macchine. Quindi nessun complottismo o piano di chi sa quale mente perversa, ma solo la consapevolezza di dire che in quanto macchine saremo noi umani a stabilire come funzioneranno. Sul tema poi della mancanza dei posti di lavoro si conferma la visione che si, le macchine faranno ciò che oggi fa un operaio poco specializzato: ma si pone in luce anche che se si tratta di lavori massacranti, poco stimolanti e rischiosi c’è da dire anche meno male! Il libro si sofferma poi sui vari tipi di posti di lavoro che la robotica richiederà in un futuro talmente prossimo che stiamo parlando di ore. Un aspetto poco dibattuto ahinoi, ma che ci dovrebbe interessare visto che qualcuno questi lavori dovrà farli e come dice il proverbio “chi tardi arriva, male alloggia”.

Non solo robotica. Se parlasse solo di tecnologia e robot “Il lavoro del futuro” sarebbe un libro incompleto. Una parte del saggio è dedicata infatti a come cambia il lavoro nella vita delle persone. Ci stiamo infatti sempre più allontanando da un modello rigido vita personale/lavoro. Ci piaccia o no, la persona come essere pensante è e sarà sempre più coinvolta nella vita della azienda di cui fa parte. Un po’ perché il lavoro meccanico sarà sempre più affidato alle macchine (vedi su), dall’altro lato c’è anche un motivo culturale dietro: le persone saranno sempre meno disponibili a lavorare in posti in cui non posso apportare valore all’azienda. Un aspetto che chi si appresta a gestire questa nuova forza lavoro non può sottovalutare: già oggi chi lavora sente l’esigenza di essere coinvolto e questo aspetto prenderà sempre più piede in futuro.

Formazione ed ecosistemi. Per questo motivo un altro aspetto indagato da “Il lavoro del futuro” è quello della formazione e di ciò che c’è intorno all’azienda. Non possiamo più immaginare che un’impresa si preoccupi solo di ciò che avviene all’interno delle proprie mura. È necessario instaurare un dialogo con gli enti di formazione, con le amministrazioni locali e nazionali per stimolare una crescita sociale, culturale e quindi anche economica di un intero sistema. Sembra complesso ma è un tema profondamente legato a quanto detto in precedenza. I lavoratori avranno sempre più bisogno di essere coinvolti e in base a questo riusciranno a dare il giusto contributo alla propria azienda.

Puoi acquistare il Lavoro del futuro di Luca De Biase su amazon.it

Foto di copertina di Annie Spratt, via Unsplash.

Imparare a stare in equilibrio e il momento di pedalare

Come avete imparato a andare in bicicletta? Io grazie a mio padre che teneva stretto il sellino della mia bici e correva al mio fianco. Quando prendevo velocità mollava la presa ma continuava a correre. Io, quando mi accorgevo che stavo andando da solo, per la paura, frenavo. Stavo andando da solo, ci riuscivo, ma non mi sentivo sicuro. Ci sono voluti diversi pomeriggi e un sacco di corse di mio padre per fare in modo che io poi imparassi a pedalare. E da allora in poi sono andato in bici, sicuro, spavaldo, senza mani a volte, senza sapere cosa le mie ginocchia avrebbero dovuto sopportare a causa di frenate piuttosto brusche e un po’ troppo terriccio sulla strada.

Uso questa metafora perché mi sembra la cosa più vicina a quello che sta accadendo a Start Me Up in questi giorni. Sta imparando ad andare da solo. Si perché negli ultimi tre anni ha avuto al proprio fianco Smartwork, l’azienda che ha investito in questo format e che dal mese prossimo, non lo farà più. Una decisione consapevole, presa da entrambe le parti con la serenità di aver condiviso un bel percorso insieme. Un percorso che ha permesso a me per primo di imparare un sacco di cose e a Start Me Up di crescere e essere il format che oggi tutti voi conoscete e seguite.

Quando uno impara, sbaglia, si ferma, raggiunge traguardi, festeggia. Start Me Up in Smartwork ha trovato qualcuno che se ne prendesse cura, alimentando una comfort zone che permettesse al format di imparare, sbagliare, raggiungere traguardi, in una sola parola: crescere. E di questo non posso che essere grato a chi, all’interno dell’azienda, ha voluto e creduto in Start Me Up. Tutti, in modo diverso, hanno costruito e rappresentato un pezzetto dell’audio che in questi ultimi tre anni avete ascoltato in podcast. Anche se la voce è la mia, il sostegno e il lavoro che c’è dietro a ogni puntata era frutto di questo supporto: logistico, materiale, ma soprattutto umano.

Davanti adesso c’è ancora un po’ di strada (questo è l’augurio). E sono certo che Start Me Up farà tesoro di questi tre anni passati all’interno della famiglia di Smartwork. In questo periodo il format ha macinato chilometri, è caduto, si è rialzato, insomma ha imparato a stare in equilibrio. E questo grazie a Smartwork che, fin da prima che decidesse di includere Start Me Up nel proprio organico, ha creduto in questo progetto.
Adesso non è il momento di pensare se domani Start Me Up riuscirà ad andare sicuro, spavaldo o addirittura senza mani. E non possiamo certo assicurare alle sue ginocchia che non ci sarà del terriccio sulla strada. Questo è il momento di dire solo grazie per tutto quello che è accaduto in questi ultimi tre anni. Un regalo e un privilegio che io per primo ho avuto il piacere di ricevere.

Mi prenderò giusto una settimana per rimettere a posto un paio di cose e i primi di aprile Start Me Up tornerà in podcast più agguerrito e sicuro di prima. Ha imparato a stare in equilibrio, ora è il momento di pedalare.

Fabio Bruno

Foto di copertina di Viktor Kern, via Unsplash

Resto al Sud ma non solo: nella Bacheca di marzo c’è di più

C’è la nuova versione di Resto al Sud, ma anche due bandi dedicati all’innovazione sociale per associazioni e enti. In più, vi segnaliamo il bando SIAE Per chi crea e due offerte di lavoro. È marzo, e anche questo mese, un numero di Bacheca tutto per voi.

Se volete, segnalateci le call/gli annunci di lavoro più interessanti a bandi [c] radiostartmeup.it.

Resto al Sud anche per i professionisti: ecco i requisiti

A breve Resto al sud sarà disponibile anche per chi ha meno di 46 anni ed è un libero professionista. Grazie alle novità introdotte dalla legge di bilancio 2019 vengono estesi i benefici che abbiamo illustrato nell’articolo che abbiamo dedicato a questa misura qualche tempo fa anche a chi non risulta titolare di partita IVA nei dodici mesi antecedenti alla presentazione della domanda per lo svolgimento di un’attività analoga a quella per cui viene chiesta l’agevolazione. Il bando è a sportello, quindi il consiglio è quello di AFFRETTARSI!

Scopri di più sul sito di Invitalia

Premio CEMEX-TEC per l’innovazione sociale

Il Premio CEMEX-TEC è rivolto a individui e organizzazioni che sviluppano progetti ad alto impatto sociale nel campo dello sviluppo sostenibile in tutto il mondo. Il premio è diviso in quattro temi e per ognuno di esso ci sono diverse ricompense in palio:

  • Social Entrepeneurs, rivolto a imprenditori di tutto il mondo che stanno portando avanti progetti di imprenditoria sociale attivi da almeno un anno;
  • Transforming Communities, rivolto a studenti di scuola superiore post-laurea di qualsiasi paese che stiano portando Avanti progetti che attuino una trasformazione sostenibile di una comunità;
  • Community Entrepeneurship: possono candidarsi organizzazioni, cooperative e associazioni di qualsiasi Paese che stiano portando avanti da almeno un anno progetti di trasformazione sociale che abbiano effetto sulla comunità produttiva del luogo in cui vivono;
  • Collaborative Action: rivolto a tutti quei progetti – anche questi attivi almeno da un anno – che abbiano un impatto sociale e coinvolgano almeno 3 settori della società.

Le iscrizioni sono aperte fino al 31 maggio!

Scopri di più sul Premio CEMEX-TEC

Welfare che impresa: 300 mila euro da Fondazione Con il Sud

Ripensare il sistema di Welfare sperimentando nuovi servizi capaci di rigenerare il tessuto sociale, questa è la sfida che viene lanciata anche quest’anno con la terza edizione del concorso per idee “Welfare, che impresa!”. Le Startup sociali – già costituite o da costituire – sono chiamate a presentare progetti innovativi orientati a favorire la coesione, lo sviluppo sociale e il fare rete.

Le idee progettuali possono essere inviate fino al 18 aprile 2019.

Leggi il bando completo

Per chi crea

La legge di stabilità per il 2016 ha previsto la distribuzione del 10% dei compensi per la copia privata, gestiti da SIAE, in attività che favoriscano la creatività e la promozione culturale nazionale ed internazionale dei giovani. Per questo dal 20 febbraio 2019 sono disponibili quattro bandi rivolti a privati, aziende, scuole, enti e associazioni che presentano un progetto a sostegno di autori, artisti, interpreti ed esecutori under 35 e residenti in Italia.

Le candidature dovranno essere presentate entro il 5 aprile 2019.

Scopri di più sul sito SIAE

ANNUNCI DI LAVORO

Nois3 cerca uno sviluppatore Front-End Mid/Senior

Nois3 è alla ricerca di uno sviluppatore Front-End Mid/Senior che possa aiutare i Dev nello sviluppo Front-end su WordPress / Bedrock, su Framework PHP (Symfony/Laravel), NodeJS anche usando Angular e/o ReactJS. La ricerca – scrivono – è su Roma, ma non escludono smart working dopo una fase di inserimento.

Candidati ora

WordPress è alla ricerca di un Creative Technologist

In Automattic (azienda proprietaria di WordPress) vogliono migliorare i processi e soluzioni di progettazione portando un po’ più in la i limiti dell’utilizzo del codice. Per questo motivo sono alla ricerca di un tecnico che si lasci guidare dalla creatività e dalla sperimentazione. I Creative Technologist di Automattic combinano il design visivo e le competenze ingegneristiche in un’unica disciplina. Sono in grado di sviluppare, prototipare e testare soluzioni innovative che permettono di avere prodotti di ingegneria front-end sempre all’avanguardia e sono da ispirazione per il team di sviluppo.

Candidati ora

foto di copertina di Marcel Heil, via Unsplash

Crescita e internazionalizzazione per le startup del Sud Italia

Crescita, partnership e collaborazioni nel numero di marzo di Camera a Sud di questo mese. La rubrica di Start Me Up che vi racconta cosa combinano le startup del Sud Italia che sono passate dai nostri microfoni. E inoltre: questo mese riportiamo le parole di Luca Bianchi, direttore SVIMEZ sulla scuola e le differenze tra Nord e Sud e onoriamo un’amica di questo programma.

Fatturato decuplicato e un programma cashback in Francia: Pharmap continua a crescere.

Pharmap, la prima soluzione made in Italy per la consegna dei farmaci a domicilio, dopo appena 2 anni di attività, ha chiuso il 2018 con un fatturato che ha sfiorato il milione di euro, pari al + 1000% dell’anno precedente. Come spiega Giulio Lo Nardo, Sales Director e co-Founder di 4k, la società che ha fondato Pharmap, nel comunicato rilasciato dall’ufficio stampa dell’azienda: “I risultati sono il frutto di un modello di business virtuoso che ha consentito alla società di non ricorrere fino ad oggi a capitali esterni e di chiudere l’anno in utile”.
 Il 2019 per Pharmap si preannuncia un anno di forte crescita e viene inaugurato con il rilascio di un programma di Cashback finalizzato all’attrazione di nuovi utenti e alla fidelizzazione della sua attuale customer base.

Pharmap ne ha fatta di strada da quando abbiamo intervistato proprio Giulio founder insieme a Giuseppe Mineo di questa startup. Pharmap opera nelle principali città d’Italia (tra cui Milano, Genova, Bologna, Torino, Firenze, Palermo, Cagliari e, da Marzo, anche Roma) e conta un network, in costante crescita, di circa 1.000 Farmacie e partnership con i maggiori player del settore Farmaceutico ed Healthcare. Pharmap collabora, inoltre, con alcune associazioni provinciali di Federfarma con l’obiettivo di accrescere il valore e fornire supporto digitale alle farmacie indipendenti.

Hotelbrand tra i servizi di booking.com

Fabio Cantone di Hotelbrand

Fabio Cantone di Hotelbrand

Hotelbrand, startup nata a Ischia nel 2014 ad opera di Fabio Cantone, è una suite di tools per il monitoraggio delle tariffe e della reputazione online degli hotel. Tutte le strutture registrate su booking.com potranno usufruire del servizio da loro offerto grazie all’accordo che in questi giorni i responsabili di BookingSuite hanno siglato con 35 startup e aziende medie e grandi. Tra queste solo 2 sono le italiane, HotelBrand appunto e TravelAppeal con sede a Firenze.

Un bel salto di qualità e soprattutto la possibilità di aprirsi a un mercato ancora più vasto per la startup campana che abbiamo incrociato ai nostri microfoni durante la tappa palermitana di GIOIN di novembre 2016. La notizia dell’affiliazione è stata riportata da Il Mattino.

Un nuovo aumento di capitale per Martha’s Cottage, la startup dei matrimoni

Martha’s Cottage, l’e-commerce per il matrimonio, annuncia un nuovo aumento di capitale pari a 520 mila euro, raggiunto in grossa parte attraverso una campagna di equity crowdfunding cui si sono aggiunti altri investitori privati. Sulla piattaforma Mamacrowd la startup, in meno di tre mesi, ha raccolto 430.000 euro raggiungendo il 215% dell’obiettivo iniziale e ha attirato l’interesse di molti investitori privati che hanno sottoscritto l’investimento dopo il termine della campagna, con un ulteriore investimento di 90mila euro.

La notizia è riportata da startupbusiness. Noi abbiamo documentato l’aumento di capitale che la startup siracusana realizzò nel 2016. Allora, intervistammo il CEO, Salvatore Cobuzio.

ROBOZE rafforza la sua presenza in Francia grazie alla partnership con Neofab

Roboze sceglie neofab: un bel segnale di crescita

Neofab si aggiunge alla squadra ROBOZE e diventa nuovo volto francese delle soluzioni di stampa 3D di tecnopolimeri ad alte performance più precise al mondo.
Neofab fa parte del gruppo Hava3D, attivo nel settore della stampa 3D dal 2013. Specializzata in soluzioni di produzione additive professionali, l’azienda francese offre una vasta gamma di servizi (tra cui installazione, formazione e follow-up personalizzato) con l’obiettivo di facilitare la transizione di aziende e clienti verso nuove tecnologie di stampa.

ROBOZE è una società specializzata nella progettazione e produzione di soluzioni di manifattura additiva con un’offerta di materiali estremamente resistenti in grado di sostituire parti in metallo in specifiche applicazioni. Il founder, Alessio Lorusso, è stato nostro ospite nel 2015 e la startup da allora non ha fatto altro che crescere. Bravi!


Prima di chiudere questa breve rassegna stampa sui progetti che nati al Sud Italia continuano a crescere, ci fa piacere segnalare la riflessione di Luca Bianchi, direttore Svimez, che dal suo blog sull’Huffington post risponde idealmente alle brutte parole del ministro Bussetti. Si parla di scuola ovviamente, ed è un argomento che non può lasciarci indifferenti se ci stanno a cuore l’innovazione e l’impresa. Scrive Bianchi:

Ciò che dovrebbe far riflettere il Ministro è il fatto drammatico che la scuola non sembri più in grado di colmare pienamente le lacune di chi proviene da situazioni più svantaggiate. È sotto quest’ottica che dovrebbe riflettere con maggiore attenzione su cosa si nasconda sotto la lettura del divario Nord-Sud che si sta di nuovo ampliando sia nei dati sull’offerta scolastica sia nelle competenze degli studenti.

Per leggere l’articolo completo, clicca qui.

Infine, ci fa piacere segnalare l’intervista che Laura Pittaccio, disegnatrice e creatrice del logo di Start Me Up, ha rilasciato qualche settimana fa per il blog balloonproject.it. Brava Laura!

Nella foto di copertina, i co-founder di Pharmap.

Hai un’idea per una startup? Prima leggi questo libro

Chiariamo subito che non è un libro sul fallimento. Magari avevo intuito male io ma leggendo il titolo era quello che mi aspettavo. Poco male comunque perché “Come f@r falli®e una $tartup ed €ssere felici” è un libro completo e utile per chi decide di saperne di più su come fare startup. L’autore, Andrea Dusi, ha effettivamente alle spalle il fallimento di una startup ma anche una exit. Alla luce di questa sua esperienza analizza i vari aspetti del mondo dell’impresa. Basti dare un’occhiata all’indice per capire di cosa il libro tratta: si parte dalla motivazione per passare al ruolo del founder, quello del co-founder, il mercato ecc…. L’autore inserisce in poco più di cento pagine tutto quello che sa sul mondo startup: sia ciò che ha vissuto, che l’aneddotica sui vari miti della Silicon Valley.

Libro perfetto per chi sta per iniziare a fare startup

Per chi è già dentro questo mondo quindi potrà risultare ripetitivo (anche se sentirsi ripeter certi meccanismi non è mai abbastanza) ma credo che questo volume sia perfetto per chi invece stia immaginando di mettere su una propria idea di business. E i motivi sono tanti:

  1. È scritto molto bene e si legge velocemente anche perché l’autore ha il raro pregio di citare senza andare troppo a fondo nei dettagli e i vari aneddoti sono riportati in modo asciutto e essenziale;
  2. Racchiude pressoché tutti gli aspetti della vita da “startupper” nella concezione più classica di questo termine. E tutto ciò viene fatto citando aneddoti e libri considerati dei classici del settore;
  3. Ogni aspetto viene analizzato anche alla luce di un fallimento celebre.

Fallimento utile solo se gestito, digerito e raccontato

E qui veniamo quindi al fallimento del titolo del libro: un’esperienza che solo se gestita, digerita e raccontata può essere di aiuto agli altri. E l’intuizione dell’autore è stata quella di inserire questi episodi per ogni capitolo: certo a volte sono più marcati, come nel capitolo 5 dove, parlando di visione, vengono presentate in rassegna una serie di startup che sono nate con uno scopo e in corso d’opera hanno cambiato direzione (o sono fallite). Devo essere sincero, il mio amore per le storie ha fatto si che quello sia stato il mio capitolo preferito, ma devo dire che leggere “Come f@r falli®e una $tartup ed €ssere felici” mi ha permesso di mettere di nuovo a fuoco il motivo per cui fare startup e conoscere terminologie e usi del mondo startup che avevo messo in secondo piano.

“Come f@r falli®e una $tartup ed €ssere felici” è uno dei volumi della biblioteca di Startup Messina, community sul mondo dell’impresa di cui sono co-fondatore e membro attivo. Lo scopo della community è quello di diffondere la cultura di impresa e delle startup e la biblioteca è uno dei mezzi da noi utilizzati. Possono richiedere i libri solo i soci e chi ne fa esplicita richiesta attraverso la sezione del sito di Startup Messina dedicata.

Foto copertina di Dan Carlson, via

Lavorare in team è semplice (se sai come fare)

Alzi la mano chi non ha mai pensato che il lavoro in team sia bello ma il più delle volte complicato. Ecco, come puoi immaginare, non sei solo. Per quanto possiamo infatti essere predisposti a stare con gli altri (e a chi vi scrive viene spesso riconosciuta questa dote) ci sono una marea di motivi per cui un lavoro di squadra può fallire: aspettative sbagliate, incompatibilità varie o semplicemente modi di fare differenti. Sono tutti motivi che portano il lavoro del team a essere davvero complicato e stressante, se non in casi peggiori, a fallire miseramente.

I tre motivi che ostacolano il lavoro in team

C’è un articolo di fastcompany.com che elenca i tre tratti caratteriali che possono rappresentare un ostacolo al lavoro in team. Come si dice, per combattere il nemico bisogna prima conoscerlo, no?
L’autore dice che avere all’interno del team persone ambiziose può rappresentare un freno al lavoro collettivo, soprattutto se le cose iniziano a andare male. Avere degli standard qualitativi alti infatti, può produrre senso di frustrazione che può essere poi propagato a tutti i membri del gruppo. Il consiglio è non settarsi su un risultato mediocre, sarebbe da pazzi, bensì concentrare la propria ambizione sul proprio contributo così da dare il meglio di sé e soprattutto essere da esempio per il resto del team.
Anche la creatività e l’apertura a nuove esperienze seppur necessarie al lavoro in team possono rivelarsi controproducenti: se si è troppo aperti si rischia di perdere il focus e non centrare l’obiettivo a cui tutto il team punta. Quindi se con creatività e apertura la fase creativa sarà una bomba il team potrebbe avere seri problemi nella fase dell’esecuzione: a questo punto sarebbe meglio lasciare la guida a chi ha più dimestichezza con la logistica e un maggior senso pratico.
Infine, una dote che può rivelarsi utile al lavoro in team ma che fatica a venir fuori è la diligenza. “Le persone diligenti sono affidabili – scrive l’autore. “Sono grandi pianificatori ed eccellono in team ben strutturati e vincolati a regole. Sono anche conosciuti per l’autodisciplina e l’autocontrollo, che li aiuta ad evitare le distrazioni e a raggiungere buoni risultati, anche quando non sono intrinsecamente motivati dal compito”. Il problema in questo caso è che chi solitamente è diligente non trova interesse nel lavorare in team. Ed è un peccato perché è proprio grazie a persone come loro che un team riesce a raggiungere con successo il proprio obiettivo.

Lavorare in team: qualche consiglio pratico

Se vogliamo stare lontani dalle emozioni e dai “sentimenti” e vogliamo invece essere più operativi allora vi consiglio di dare un’occhiata al manifesto dedicato ai “piccoli team che lavorano su cose importanti”. Lo ha scritto (in inglese, qui)Seth Godin, quello de La Mucca viola, e conta all’incirca venti voci.

Io ho scelto la mia top 3, e mi sono fatto guidare dalle mie esperienza personali. Non c’è quindi un motivo apparente se non che mi ricordano una particolare situazione che andava affrontata. Se avessimo tutti condiviso questo manifesto forse le cose sarebbero andate meglio.

  1. Care more (“importatene” di più)
  2. Don’t question goodwill, effort or intent. (non mettere in dubbio la buona volontà, lo sforzo o l’intento)
  3. Make mistakes, own them, fix them, share the learning. (Sbaglia, ammetti di aver sbagliato, correggi e condividi con gli altri ciò che hai imparato).

Se ti va, nei commenti e sui social, scrivimi la tua top 3.

Per essere ancora più pratici e nel caso in cui vi troviate a gestire un gruppo di persone con poca confidenza con il lavoro in team, allora potete seguire i consigli che Sandeep Kashyap ha elencato in un suo articolo scritto su medium. Che poi lui sia a capo di Proofhub, un tool che vi permette di gestire i progetti dei team in maniera più agevole è un altro punto a suo favore, no? Scherzi a parte, ho letto l’articolo e mi sembra che ci siano delle buone intuizioni che possono tornarci utili nel nostro lavoro. Anche nel caso in cui non siamo noi direttamente a gestire il team: dobbiamo comunque dare il nostro contributo, no?

Ma se dovessimo trovare una sintesi e il segreto di un buon lavoro in team allora non possiamo non dare ragione a Gustavo Razzetti che nel suo articolo parla del perdono. L’articolo di Gustavo mette bene in evidenza il modo in cui i rapporti all’interno di un team rischiano di incrinarsi a causa del risentimento di una persona nei confronti di un’altra. E, non essere in grado di perdonarsi vicendevolmente rende le cose ancora peggiori. Anche per questo motivo il suo consiglio è quello di creare un ambiente di lavoro dove il perdono possa essere praticato con naturalezza. Curiosi? Sono solo 7 punti (tutti scritti in inglese qui).

E quindi qual è il segreto di un buon lavoro in team?

Ma secondo voi da chi possiamo imparare qualcosa sul lavoro in team se non da chi ha allenato una delle squadre di pallavolo più forti di tutti i tempi? Esatto mi riferisco proprio a Julio Velasco (metto qui il link a wikipedia, ma se non sai chi è Julio Velasco dovresti vergognarti un pochetto). Ci sono tanti video dei suoi discorsi su come gestire un team, io ho scelto quello che a mio avviso è il più adatto a questo tema e che sintetizza meglio tutto quello che abbiamo fin qui scritto. Ha a che fare con i ruoli che ciascuno ha all’interno del team e con l’approccio che ogni componente deve avere per portare a termine un lavoro fatto bene. Io ci ho visto questo, tu? Buona visione!

foto di copertina rawpixel, via Unsplash